Tron è tornato. Se ne sentiva davvero la mancanza? Nel 1982, l'impatto del film sulle menti degli allora neonati appassionati di videogiochi fu devastante. La sequenza delle moto ridefinì gli standard della computer grafica e permise la definitiva promozione del videogioco da fenomeno di nicchia per übernerd a moda di massa. Tron Legacy portava quindi un doppio fardello sulle spalle: da un lato il compito di dimostrarsi ancora all'avanguardia sotto il profilo tecnico, dall'altro quello di riuscire ad eguagliare lo status di cult, faticosamente raggiunto dal suo predecessore più in virtù del progressivo invecchiamento dei fan originali che delle sue qualità intrinseche.

A ben vedere, infatti, e ben diversamente da altri classici usciti in quel periodo, Blade Runner su tutti, Tron non solo è invecchiato male ma non è che fosse questo gran capolavoro nemmeno allora. Le immagini e la computer grafica sopperivano alle lacune di una sceneggiatura spesso priva di ritmo e inutilmente complicata.

Tron Legacy

È quindi curioso constatare come, a distanza di 27 anni, Tron Legacy soffra degli stessi identici difetti. Lo script, realizzato dagli sceneggiatori di Lost Kitsis e Hotowitz, parte bene, alimentando le attese del pubblico e proponendo un tema, quello del software libero e open source, che, così come molti altri, verrà purtroppo rapidamente abbandonato nel corso della pellicola. Nel vano tentativo di dare sostanza ad una trama identica a quella raccontata nel primo episodio, gli autori buttano a casaccio nel calderone temi “too big to fail”, dall'intelligenza artificiale alla nascita delle dittature, dal ruolo delle macchine alla pervasività del web, senza però riuscire a svilupparne compiutamente nemmeno uno.

Meglio concentrarsi sull'azione: qui Tron Legacy non delude. Le versioni 2.0 delle battaglie coi dischi e con le moto sono degne evoluzioni di quelle originali. Dal punto di vista prettamente visivo, il film colpisce positivamente per il suo stile, una eccelsa rilettura di quello originale. Ecco però un' altra clamorosa occasione mancata: nonostante la Rete brulichi di programmi, non c'è il benché minimo tentativo di quell' analisi sociologica che era presente, seppur appena accennata, nell'originale. Perché i programmi si recano al bar? Come fanno ad avere rapporti sentimentali? Che differenze ci sono tra di loro? Nessuna risposta, tutto resta lettera morta, accennato, suggerito, lasciato all'immaginazione del pubblico. L'assoluta mancanza di autoironia e l'insostenbile citazionismo completano un quadro a tinte fosche.

Tron Legacy

A contribuire alla scarsa riuscita del progetto concorrono poi due fattori: la pessima prova di quello che dovrebbe essere il protagonista principale, Garrett Hedlund, teen spocchioso e antipatico, e lo spreco del carisma di Jeff Bridges, sempre efficace, ma al quale gli sceneggiatori riempiono la bocca di atroci banalità. Glissando per umana pietà sull'infelice cameo di Michael Sheen, c'è da da sottolineare la bella prova dell' affascinante Olivia Wilde, l'unica vera sorpresa nel cast e, a ben vedere, dell'intero film.

Tecnicamente Tron Legacy è un bel vedere, il 3D è convincente anche se resta lontano dai vertici Cameroniani. L'attesa soundtrack dei Daft Punk si presta ad una duplice valutazione: come partitura di accompagnamento è valida, anche se gli echi Zimmeriani si sprecano e alcune tracce sono pesantemente ispirate alla colonna sonora di Inception, come opera da ascoltare separatamente molto meno.

Il video musicale dei Daft Punk per Tron Legacy

Non siamo di fronte a un fallimento completo, ma la sensazione che un'occasione d'oro, l'ennesima, sia stata buttata al vento c' è tutta. Proprio in tempi in cui il web è diventato parte integrante della vita di quasi ogni essere umano, una riflessione sul tema, anche se affidata ad un blockbuster disneyiano, era doverosa. Peccato.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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